giovedì 18 aprile 2024

Europee, Turco: "Lista Pannella deposita il simbolo Stati Uniti d'Europa"

In certi casi sono sufficienti poche righe per dare corpo a uno "scenario simbolico" che, in qualche modo, era stato previsto nei giorni scorsi. Ci si riferisce a un brevissimo post diffuso poco dopo le 17 e 30 di ieri sui propri canali social da Maurizio Turco, segretario del Partito radicale nonviolento transnazionale transpartito, nonché presidente dell'associazione  Lista Marco Pannella. Il microcomunicato è stato emesso proprio in quest'ultima qualità e riguarda le elezioni europee previste per l'8 e il 9 giugno, ma soprattutto il primo adempimento pubblico visibile, cioè la presentazione dei contrassegni. "In occasione delle elezioni europee 2024 - ha scritto Turco - la Lista Marco Pannella depositerà il simbolo già depositato nel 2019 contenente la 'rosa nel pugno' e la dicitura 'Stati Uniti d'Europa'".
Quest'annuncio, dunque, è la concretizzazione di quanto era stato ricordato su questo sito lo scorso 27 marzo, all'indomani della divulgazione da parte dei media di un'ipotesi di simbolo per la lista di scopo Per gli Stati Uniti d'Europa, promossa da +Europa, Italia viva (partiti apportatori dell'esenzione dalla raccolta firme) e altri soggetti politici, tra cui Radicali italiani, il Psi e Libdem Europei: l'espressione "Stati Uniti d'Europa" era già finita su un contrassegno elettorale regolarmente depositato presso il Ministero dell'interno cinque anni fa, anche se poi non finì sulle schede elettorali. 
Simbolo del 2019
Stati Uniti d'Europa, infatti, era il progetto di lista per le elezioni europee del 2019 annunciato già all
a fine di novembre del 2018, promosso dalla Lista Pannella e dal Partito socialista italiano (allora guidato da Riccardo Nencini, la cui segreteria era in scadenza): scopo principale dichiarato era "il rilancio del progetto dell'Europa federalista, unica alternativa sia all'Unione Europea intergovernativa che all'Unione Europea dei nazionalismi politici e dei protezionismi economici". In qualche modo il progetto si era posto in continuità ideale con quello della lista La Rosa nel Pugno - Laici socialisti liberali radicali, proposto in occasione delle elezioni politiche del 2006 da Radicali italiani, Lista Pannella, Socialisti democratici italiani e Federazione dei giovani socialisti; proprio come in quell'occasione, fulcro del simbolo era il disegno della rosa nel pugno, apportato in Italia da Marco Pannella (e i cui diritti di uso e riproduzione erano stati acquistati dal Partito radicale, mentre attualmente ne è titolare la Lista Pannella) ma impiegato a lungo da molti partiti socialisti europei, nonché dal Pse. L'idea originaria, spiegata con ampiezza da Maurizio Turco a questo sito, era di presentare la lista fruendo dell'esenzione per via europea - allora concepibile - di cui avrebbe goduto il Psi come membro del Pse; una parte non irrilevante del Psi, tuttavia, si oppose (in vista del congresso straordinario) e uno dei primi atti della segreteria di Enzo Maraio fu stringere un accordo con +Europa (quando i simboli erano già depositati, senza dunque essere presente nel fregio), scegliendo dunque un diverso progetto elettorale. Maurizio Turco aveva comunque depositato il simbolo "per permettere al Psi di mantenere la promessa fatta a noi e che, al congresso socialista, era alla base della tesi della mozione che ha vinto con grande scarto". Così, com'è noto, non avvenne.
Rispetto a quello del 2019, il contrassegno ha subito qualche ritocco: lo sfondo giallo è leggermente più scuro, il rilievo della denominazione rossa è leggermente maggiore (per una spaziatura più ampia dei caratteri), ma soprattutto è stato ingrandito il fregio della rosa nel pugno (che tra l'altro ha recuperato, come in passato, i vari colori dei petali della rosa e delle parti delle foglie); in ogni caso, non si può dubitare del fatto che si tratti dello stesso simbolo (come contenuto e come concetto) depositato cinque anni fa, sul quale sono inevitabilmente maturati dei diritti in capo al soggetto depositante. Il proposito, espresso da Maurizio Turco, di depositare il simbolo Stati Uniti d'Europa presso il Viminale pone una questione circa la possibile "convivenza" nelle bacheche di quel contrassegno con quello della lista Per gli Stati Uniti d'Europa, ufficialmente non ancora reso noto mentre si scrive (ma dovrebbe essere prevista la presentazione sabato). La questione non è di poco conto e merita di essere approfondita in breve.
Per prima cosa, di certo nessun soggetto politico può invocare l'uso esclusivo del concetto di "Stati Uniti d'Europa", visto che è stato coniato molto tempo prima (l'uso più noto, in ambito politico italiano, è stato quello di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ma ci sono impieghi anche decisamente precedenti): non è un'ipotesi molto diversa dall'uso del termine "socialista", "comunista" o "liberale" non "brevettabile" da alcuno. Certo, è difficile negare che potenzialmente la coesistenza di "Stati Uniti d'Europa" e "Per gli Stati Uniti d'Europa" potrebbe porre qualche problema di confondibilità, se ci si limitasse al confronto dei nomi. Vero è anche che la lista Per gli Stati Uniti d'Europa sarà sicuramente sulle schede, non dovendo raccogliere le firme, mentre è probabile che il deposito di Stati Uniti d'Europa non sia seguito dalla presentazione di liste. 
Qualcuno potrebbe ritenere che il simbolo di cui Turco ha annunciato il deposito debba essere ricusato per confondibilità con quello che presenterà +Europa, magari ricorrendo alla fattispecie del "deposito emulativo", cioè fatto - come dice la legge - "con il solo scopo di preculderne surrettiziamente l'uso ad altri soggetti politici interessati a farvi ricorso", in particolare alla "lista di scopo" annunciata da tempo (a partire dall'appello di Emma Bonino); occorre però tenere conto di dettagli tutto meno che trascurabili. Quello principale - che, proprio per questo, in effetti dettaglio non è - è che il deposito del 2019 è stato fatto a livello nazionale, con tanto di ammissione da parte della Direzione centrale dei servizi elettorali: si concreta dunque un preuso nazionale (fatto anche in sedi diverse dal Viminale), preuso che ha indubbiamente un valore e basterebbe da solo a distinguere quest'ipotesi da altre del passato, in cui l'impiego di un nome in chiave locale o anche regionale non è stato ritenuto sufficiente a tutelare il preuso anche in sede di deposito al Ministero dell'interno (si pensi, in particolare, al caso di Fratelli d'Italia registrato nel 2013); a maggior ragione sono diversi i casi in cui alcuni soggetti hanno schierato simboli nuovi simili per cercare di ostacolare l'uso altrui di emblemi altrettanto nuovi ma più pubblicizzati dai media (il caso più famoso è quello della Lista Dini del 1996, prima applicazione del "deposito emulativo", ma lo stesso è valso per la lista del "Comitato Monti presidente" nel 2013). Si deve anche aggiungere che il simbolo Stati Uniti d'Europa è ricomparso in vari post del Partito radicale, a partire certamente dal 14 febbraio di quest'anno, ma anche negli anni precedenti l'uso si è registrato, per cui non si può parlare di "uso desueto", "decadenza dall'uso" e ipotesi simili.
Detto ciò, la strada più coerente sarebbe almeno consentire la convivenza dei due contrassegni, anche perché - al di là del nome molto simile, vista l'uguaglianza del riferimento ideale - sono molto diverse le grafiche e questo potrebbe essere un elemento rilevante ai fini della decisione. Se poi la Direzione centrale dei servizi elettorali dovesse considerare prevalente il deposito fatto in passato presso il Viminale in precedenti occasioni elettorali, le decisioni potrebbero essere diverse. Nei prossimi giorni se ne saprà di più.

mercoledì 17 aprile 2024

Forza Nord, Tosi parla da forzista alla Lega originaria (il nome c'era già)

Non sembra nata per finire sulle schede elettorali (men che meno su quelle delle europee), ma l'associazione-comitato Forza Nord non poteva passare inosservata, sia per il nome scelto, sia per il simbolo abbinato alla denominazione, sia per le figure che risultano promotrici di questa nuova iniziativa. La figura di guida ha un nome che ai #drogatidipolitica dice molto: Flavio Tosi. Due volte sindaco di Verona (2007-2017), presidente (2008-2012) e poi segretario della Lega Nord - Liga Veneta (2012-2015), partito per cui era stato anche consigliere regionale ed eletto europarlamentare nel 2014 (carica cui ha subito rinunciato) fino alla sua espulsione dal partito per aver portato avanti il tesseramento alla propria fondazione Ricostruiamo il Paese. Da allora ha donato un nuovo simbolo al panorama politico italiano con il faro del suo partito Fare! (non senza provocare l'irritazione di Michele Boldrin, per la possibile confondibilità con Fare per Fermare il declino), salvo poi aderire come Fare! alla lista unitaria di Noi con l'Italia in vista delle elezioni del 2018, rinnovare il faro di Fare per la ricandidatura alle comunali di Verona del 2022 e aderire subito dopo la non ammissione al ballottaggio a Forza Italia.
Ora quello di Flavio Tosi è il primo nome della lista delle persone che interverranno all'iniziativa "Il Nord torna protagonista", a fianco di un simbolo le cui radici grafico-cromatiche sono inconfondibili: nella locandina - anticipata sul Corriere.it da Giuseppe Alberto Falci - ci sono anche Gianmarco Senna (già consigliere regionale leghista in Lombardia nella scorsa legislatura e, dopo l'addio al partito alla fine del 2022, passato prima a Italia viva e poi a Forza Italia), Massimiliano "Max" Bastoni (altro ex consigliere regionale lombardo per la Lega dal 2018 al 2023, passato in quello stesso anno a Forza Italia), Alessandro Sorte (deputato forzista alla seconda legislatura e coordinatore lombardo del partito, ma leghista fino al 2004; si era già parlato di lui su questo sito nel 2022 per l'associazione Italia Forte e il suo simbolo), Cristina Rossello (avvocata, anche lei deputata per Forza Italia alla sua seconda legislatura), Luca Bona (già segretario provinciale della Lega Nord novarese fino alla sfiducia in quell'anno e all'espulsione nell'anno successivo, poi subentrato in consiglio regionale nel 2018 e iscrittosi al gruppo di Forza Italia) e Tony Iwobi (senatore nella scorsa legislatura, eletto con la Lega per Salvini premier, partito lasciato nel 2022: da poche settimane Iwobi ha aderito a Forza Italia). Sono tutt'altro che "leggeri" gli altri nomi indicati sul manifesto, giusto accanto al simbolo di Forza Italia (il partito di cui Tosi è il segretario regionale in Veneto): l'eurodeputata Stefania Zambelli (eletta nel 2019 con la Lega per Salvini premier dopo una militanza ultradecennale leghista, passata a Forza Italia a ottobre dello scorso anno), ma soprattutto Marco Reguzzoni (deputato leghista nella XVI legislatura dopo essere stato presidente della provincia di Varese, poi sostenitore da esterno dei primi passi di Grande Nord e prossimo candidato indipendente di Forza Italia nella circoscrizione Nord-Est) e Roberto Cota, presidente della giunta regionale piemontese dal 2010 al 2014 (fino a quando i giudici amministrativi hanno annullato il voto), passato a Forza Italia nel 2020.
Intervistato da Francesco Gottardi per Il Foglio nei giorni scorsi, Tosi ha sottolineato che il comitato ("la soluzione burocratica più snella. Sulla falsariga del Comitato Nord") è nato "chiacchierando col mio omologo lombardo, Alessandro Sorte. Insieme abbiamo trovato l'intesa per esprimere una fetta importante di Forza Italia: quella attenta alle aziende, al territorio, al centro produttivo del paese. Nei fatti lo stavamo già dimostrando. Prima di Natale il presidente Tajani ha girato in lungo e in largo per spingere le economie locali. L'11 e il 12 aprile andrà a Verona, per un bilaterale con il numero due di Pechino: il nuovo percorso dopo la Via della Seta verrà siglato e gestito da Forza Italia. [...] Gli sforzi per radicare il nostro consenso sono evidenti. Ci voleva soltanto un apposito contenitore per metterci a contatto col cittadino". Un contenitore e un nome che, per Tosi, possono interessare a molte persone deluse dalle ultime vicende della Lega perché sono "il vero ritorno alle origini. Altro che la deriva sovranista di Salvini".
Difficile che passasse inosservata quest'iniziativa, per giunta nei giorni in cui si ricordano i quarant'anni dalla fondazione della Lega (autonomista) Lombarda, costituita con atto notarile il 12 aprile 1984 a Varese e vista nel corso del tempo come "Partito del Nord". L'operazione potrebbe ricordare a qualcuno quella di Forza Salvini, avviata a ottobre del 2018 e finita all'attenzione dei media, anche perché il promotore dell'associazione, Pietro Spizzirri, fu immediatamente sospeso da Forza Italia e deferito ai probiviri (come fece sapere il responsabile organizzativo del partito, Gregorio Fontana): qui, però, il contesto sembra profondamente diverso. Non solo all'epoca ci fu il sostegno di una parte degli iscritti del partito al leader di un partito diverso e - in quella fase - figura guida della coalizione, ma apparve chiaro che l'uso del simbolo non fu minimamente concordato dai vertici del partito e nemmeno accettato. Questa volta, invece, non solo il nome invita al sostegno di un territorio (in cui Forza Italia tradizionalmente ha un sostegno rilevante) e si richiama in parte la struttura del simbolo di Forza Italia (scritta su due righe, obliqua crescente a 13°) senza impegnare il fregio vero e proprio (carattere simile ma leggermente diverso e non inclinato, niente bandiera e niente rosso, solo il verde che ovviamente rimanda a quello del "Sole delle Alpi"); la compresenza nella stessa locandina del simbolo ufficiale forzista e di alcuni dirigenti di spicco del partito fanno supporre che non vi sia una contrarietà dei vertici di Forza Italia alla citazione dell'emblema (purché, magari, sia allusiva essere troppo smaccata).
Di certo pare che la Lega (per Salvini premier) non abbia particolarmente gradito l'operazione: ieri il capogruppo leghista alla Camera (e segretario piemontese della Lega), Riccardo Molinari, intervistato da Stefano Rizzi per Lo Spiffero, ha bollato Forza Nord come "un'operazione un po' spericolata quella di provare a tenere i piedi in due scarpe, facendo il partito popolare europeo, liberale e democristiano con una forte presenza meridionalista e nello stesso tempo cercare di fare Forza Nord provando a rubare voti alla Lega". In particolare, secondo Molinari, "se qualcuno è scontento del nostro partito dubito che veda l’alternativa in Forza Italia che è comunque un partito storicamente a forte trazione meridionale, che ha i suoi governatori del Sud che cercano di contrastare l’autonomia, che in Europa appoggia Ursula von der Lyen e quindi politiche che danneggiano le imprese del Nord".
Tornando invece alla questione del nome e del simbolo, qualche curioso figuro tra i #drogatidipolitica più incurabili potrebbe avere l'impressione di avere già incontrato l'espressione "Forza Nord". Un'impressione corretta: al di là di adesivi e manifesti effettivamente legati all'ambiente leghista, infatti, nel 2005 in Lombardia fece la sua comparsa ed ebbe una limitata, ma significativa circolazione il simbolo Forza Nord, mai presentato ufficialmente a qualche elezione ma impiegato per operazioni elettorali propedeutiche. Quel fregio -  cui chi scrive fu ovviamente estraneo ma che è possibile mostrare  - richiamava nettamente quello di Forza Italia, usando sempre un carattere simile (probabilmente Haettenschweiler e non Helvetica) e con il verde - non proprio quello leghista, ma più chiaro - che aveva un ruolo tutto meno che ancillare. Di certo in quella fase chi lo utilizzò (e lo ritirò fuori in seguito) non intendeva parlare ai delusi o ai fuoriusciti della Lega Nord; era molto più probabile che ci si volesse rivolgere a chi avrebbe voluto un partito-crasi di Forza Italia e Lega Nord. Cioè un partito che avesse unito istanze autonomiste a campagne economiche care al ceto produttivo del Nord, impiegate tanto contro il centralismo, quanto contro fenomeni che qualcuno potrebbe chiamare parassitismo: quel ceto produttivo del Nord, in realtà, ha sempre avuto l'attenzione di una parte rilevante di Forza Italia (e l'ha ricambiata alle urne), ma quello stesso partito ha sempre avuto un importante radicamento anche nel Sud, non mancando di difenderne parte degli interessi; chi aveva pensato a metà degli "anni Zero" a Forza Nord, dunque, aveva verosimilmente accarezzato l'idea di fondere l'approccio leghista e quello di una Forza Italia "più che dimezzata" (territorialmente), qualcosa di simile al "forzaleghismo" coniato da Edmondo Berselli proprio in quegli anni (e meglio definito in seguito) Chissà se i promotori attuali del comitato Forza Nord conoscevano quel precedente e se lo hanno condiviso a distanza di vent'anni, in un contesto politico molto diverso...

martedì 16 aprile 2024

"Il taglio alle esenzioni? Vale solo dal 2029": la tesi del Partito animalista

Manca meno di una settimana al deposito presso il Ministero dell'interno dei contrassegni in vista delle elezioni europee dell'8 e del 9 giugno. E proprio guardando i contrassegni presentati in quei giorni, oltre a trovare quelli delle formazioni principali (qualcuno - pochi - presentato in questi giorni, altri ancora da svelare), si capirà quali soggetti politici non hanno del tutto perso la speranza di partecipare alle elezioni senza raccogliere le firme grazie alla loro adesione a un partito politico europeo o a una realtà simile. 
Già in questi giorni, infatti, in Rete si trovano notizie di partiti e movimenti che si apprestano a presentare comunque le loro liste, distinte da un contrassegno composito contenente un rimando testuale e/o grafico al proprio partito politico europeo di riferimento, nonostante sia ormai entrata in vigore la norma "taglia esenzioni" introdotta nella legge elettorale per le elezioni europee grazie a un emendamento presentato da Fratelli d'Italia al Senato durante il percorso di conversione del "decreto elezioni 2024". Com'è noto c'è chi ha scelto di provare a raccogliere comunque le firme richieste dalla legge (dimezzate per l'occasione, ma comunque in numero significativo), una volta sfumata la possibilità - resa possibile nel 2014 dall'Ufficio elettorale nazionale - di ottenere l'esonero attraverso un partito politico europeo anche senza eletti in Italia all'ultimo voto per Strasburgo: è il caso della lista Pace Terra Dignità (che avrebbe potuto avvalersi dell'adesione di Rifondazione comunista al Partito della Sinistra europea) e, a quanto pare, di Democrazia sovrana popolare (tra le forze politiche che nelle ultime settimane hanno lamentato il sostanziale sbarramento della "via europea" all'esenzione). Ci sono altre forze politiche che, invece, non hanno alcuna intenzione di raccogliere le firme, puntando piuttosto a presentare comunque le proprie liste come se per loro l'esonero praticato - con una certa larghezza - nel 2019 valesse ancora; nel caso di un'assai probabile bocciatura delle candidature, sono pronte a tentare tutti i ricorsi possibili, nella speranza di ottenere qualche risultato.
Simbolo del 2019
L'ultimo soggetto che ha manifestato quest'intenzione è il Partito animalista italiano, che nel 2019 aveva scommesso tutto sul potere esentante della sua adesione alla coalizione animalista europea Animal Politics EU (che pure non è un partito) e al legame dichiarato e visibile con due forze politiche - la tedesca Partei Mensch Umwelt Tierschutz e l'olandese Partij voor de Dieren, appartenenti alla coalizione citata - che avevano ottenuto seggi alle elezioni del 2014. La scommessa era stata vinta, perché gli uffici elettorali avevano accolto le liste, evidentemente considerando che quei collegamenti fossero sufficienti a testimoniare la serietà della proposta elettorale. Nel 2019 i due partiti stranieri citati hanno confermato i loro eletti, così il Partito animalista era pronto a schierare di nuovo nel suo contrassegno i loro simboli in miniatura, accanto a quello di Animal Politics EU: nella seconda metà di marzo il simbolo apparso sui canali social - oltre alle due impronte animali e alla fascia rossa centrale con la parola "animalista" - era proprio così, con in più l'aggiunta della dicitura "Ecologisti 2050" per non coprire soltanto l'aspetto animale e fare riferimento all'anno dell'auspicata neutralità climatica.
L'approvazione dell'emendamento sopra ricordato sembrava avere fatto tramontare l'idea di nuove candidature, ma lo scorso 10 aprile il partito, guidato dal suo presidente Cristiano Ceriello, ha diffuso un comunicato in cui si annuncia tutt'altra intenzione: quella di correre alle europee con una propria lista, a dispetto delle nuove norme. "Il Direttivo - si legge - ha interpellato diversi costituzionalisti e con il proprio ufficio legale ha valutato come la norma presenti diversi tratti di incostituzionalità, in violazione anche delle Raccomandazioni della Commissione Europea di non modificare le leggi elettorali un anno prima delle elezioni, oltre che violare il Codice di Buona Condotta del Consiglio d'Europa, nonché violare la Giurisprudenza della Corte Europea CEDU che, nella nota sentenza Ekoglastnost contro Bulgaria, fa divieto agli Stati di cambiare le leggi elettorali un anno prima delle elezioni nel rispetto della democrazia e ad elezioni trasparenti".
Queste questioni sono stare ricordate più volte, anche su questo sito, nelle scorse settimane; in questo caso, però, si aggiunge un argomento interessante, che completa in qualche modo il quadro giuridico-fattuale da considerare: "In ogni caso le elezioni europee sono state indette a maggio 2023 dal Consiglio della UE, come prevede l'atto elettorale UE, e gli adempimenti elettorali in Italia sono iniziati a dicembre 2023, sei mesi prima della tornata elettorale: pertanto il nuovo testo della norma non può che applicarsi alle prossime elezioni del 2029". Non rileverebbe, dunque, il fatto che l'indizione formale delle elezioni in Italia consegua ai decreti del 10 aprile: la fissazione della data e gli altri adempimenti svolti (anche) in Italia dovrebbero far ritenere la procedura elettorale già avviata e, dunque, le ultime modifiche alle "regole del gioco" non potrebbero applicarsi a un gioco già iniziato
Sulla base di questo argomento, come su alcune interpretazioni favorevoli che il "nuovo confuso testo normativo" - a detta del partito e di alcuni giuristi interpellati, a partire da Giuseppe Libutti e Michele Trotta - consentirebbe, il Partito animalista italiano intende presentare comunque il proprio contrassegno composito e, in seguito, impiegarlo per distinguere le liste: sarà molto probabile che gli uffici elettorali circoscrizionale e (quasi certamente) quello nazionale non ammettano le candidature, non considerando giusta la lettura dei promotori della lista, quindi ci si deve preparare a una batteria di ricorsi nel tentativo di reagire contro una limitazione notevole alla possibilità di presentare candidature. 
Nello stesso periodo, tra l'altro, mantiene - e divulga - il proposito di partecipare comunque alle elezioni "in proprio" e senza dover raccogliere le firme Stefano Bandecchi, coordinatore nazionale di Alternativa popolare: lui si dice convinto che aver inserito nel simbolo di Ap il riferimento al Partito popolare europeo (di cui l'ex partito di Angelino Alfano è membro) possa ancora assicurare l'esenzione. Nel simbolo composito il cerchio del simbolo è inserito in un cerchio più grande, di colore blu sfumato (ma senza la sfumatura ben visibile nella versione precedente); in quel cerchio più grande, accanto al cognome giallo di Bandecchi, c'è la miniatura di I valori di Centro Destra (gruppo che ha presentato una candidatura nella provincia di Bolzano). 
Nemmeno questo contrassegno, probabilmente, sarà accolto: anche qui, probabilmente, arriveranno ricorsi di cui si darà conto.

venerdì 12 aprile 2024

La Libertà di Cateno De Luca di spostare, sostituire, ridimensionare

Se un giorno si dovesse fare una ricerca per mettere a confronto l’attenzione che i leader politici sono riusciti a ottenere prima ancora dell'inizio ufficiale della campagna elettorale (i decreti di indizione dei comizi elettorali per le europee e di assegnazione dei seggi alle cinque circoscrizioni, datati 10 aprile, sono stati pubblicati ieri sulla Gazzetta Ufficiale) con i voti effettivamente ottenuti dalle rispettive liste nel voto dell'8 e del 9 giugno prossimi, quasi certamente Cateno De Luca sarebbe tra coloro che vanterebbero l'indice più alto. Non si sta predicendo che l'attuale sindaco di Taormina otterrà un risultato elettorale scarso, né tantomeno ovviamente glielo si sta augurando, ma si può dire senza troppa tema di smentita che potrà superare i segretari o i presidenti di varie forze politiche minori e gareggiare con l'attenzione ricevuta da figure più abituate a finire negli spazi eredi dei vecchi "pastoni" dei telegiornali o delle pagine politiche dei quotidiani. 
Oggi, per non smentire quest'impressione, Cateno De Luca ha diffuso l'ennesima versione del simbolo della lista Libertà, guidata dalla sua ultima creatura politica, Sud chiama Nord, riuscita nel 2022 nell'impresa di conquistare due collegi uninominali (quelli di Messina, uno alla Camera e uno al Senato) e, su quella base, ha ottenuto la possibilità di presentare una lista per le elezioni europee senza dover raccogliere le firme. Quando quella possibilità è stata a rischio (a causa dell'emendamento "strozza esenzioni" di Fratelli d'Italia, che nella prima versione aveva riservato l'esenzione - oltre che ai partiti titolari di almeno un gruppo parlamentare - alle forze politiche che avevano eletto deputati o senatori nella sola quota proporzionale), De Luca come altri ha protestato in modo tangibile; quando  l'esenzione per chi aveva eletto solo nei collegi uninominali è stata restituita, di fatto Sud chiama Nord è stato l'unico soggetto politico che l'abbia sfruttata davvero avviando un progetto elettorale; lo sta facendo, in effetti, anche +Europa, ma la lista Stati Uniti d'Europa avrebbe potuto evitare la raccolta firme anche grazie alla presenza di Italia viva, quindi non si tratta di un esempio valido.
Insomma, si diceva, oggi - alle 17 e 19 - è uscita l'ennesima versione del contrassegno elettorale. E non si è sicuri di poter credere alla frase che apre il post con cui il fregio è stato reso noto sui canali di Cateno De Luca, cioè "Si è chiuso il quadro delle alleanze della Lista Libertà": ci sono ancora nove, dieci giorni prima che si concluda il rito del deposito dei simboli al Ministero dell'interno, quindi qualcosa può ancora cambiare. Qualcosa, o anche molto o, volendo, perfino tutto
Già, perché ogni versione del simbolo somiglia sempre di più a un gioco del tipo "Trova le differenze": alcune sono più visibili, altre possono essere apprezzate solo accostando le grafiche o facendole scorrere rapidamente sullo schermo. Nella versione del contrassegno di oggi, in particolare, il segmento biconcavo giallo con il nome di De Luca si è ampliato leggermente, così come è cresciuta la scritta "Libertà" al centro, mentre si è assottigliato il segmento blu che la contiene. I cinque simboli collocati in alto - i più grandi, insieme a quello del Movimento per l'Italexit collocato in basso - sono sempre gli stessi, ma hanno cambiato posizione: se prima l'ordine era Popolo Veneto, Sicilia Vera, Sud chiama Nord, Grande Nord e i Civici in Movimento (a proposito, qualcuno aveva notato che era comparso il cognome di Sergio Pirozzi?), ora vengono prima i due simboli legati a De Luca (Sud chiama Nord e Sicilia Vera), poi ci sono i Civici, Grande Nord e, per ultimo, il Popolo Veneto, quasi che si fosse voluto rappresentare lo sbarco dei Mille al contrario di cui parlava lo stesso De Luca.
Venendo alla parte inferiore del contrassegno, i cerchi sono sempre 13, ma molti hanno cambiato posizione e qualcuno ha cambiato dimensione (ora quello più evidente sembra essere quello di Capitano Ultimo, forse anche per valorizzare il gesto di Sergio De Caprio, che alla presentazione del progetto al Teatro Quirino si è tolto la maschera). Soprattutto, però, un simbolo è stato cambiato: è lo stesso post di De Luca a sottolineare l'ingresso nella lista di un nuovo movimento, Il Vero Nord, qualificato come "d'ispirazione leghista delusa dalla deriva salviniana". Non si dice nulla su quali persone facciano riferimento a quel simbolo che contiene la parola "Nord" in evidenza (stesso carattere di Grande Nord, giusto un po' più sottile), con la croce di San Giorgio rossa che parte dalla gamba della R; se quest'ultimo elemento guarda alla Lombardia, l'espressione "il VERO" scritta in verde con un carattere pennellato ricorda l'espressione "Prima il Nord!" usata al tempo di Roberto Maroni segretario della Lega Nord, ma anche - i #drogatidipolitica non avranno dimenticato - a quando la stessa espressione fu trasformata in contrassegno elettorale da Diego Volpe Pasini, che nel 2013 riuscì a far ammettere quel contrassegno (nonostante l'opposizione del Carroccio) e fece candidare nella lista leghista dell'Emilia-Romagna la moglie Sara Papinutto (prima dei non eletti in quella circoscrizione). Magari Volpe Pasini non c'entra niente, sia chiaro, ma la memoria si attiva con i dettagli.


In un certo senso Il Vero Nord sostituisce come area politica il Partito popolare del Nord di Roberto Castelli (e, incidentalmente, rende "Nord" la parola più presente nel contrassegno, con ben quattro citazioni; in realtà, però, il nuovo simbolo sostituisce quello di Progresso sostenibile, anche se sul profilo dell'ex europarlamentare Giulia Moi c'è ancora il post che ne annuncia la candidatura. In effetti, a ben guardare, nei giorni scorsi su alcune grafiche diffuse da De Luca al posto del simbolino con fogliolina di Progresso sostenibile c'era solo un cerchio verde, senza altre indicazioni. Non è dato sapere cosa sia accaduto nel frattempo, né si sa se qualcuno lo spiegherà.
Nel post di oggi si legge anche che "Sono 19 le forze politiche che fanno parte del progetto", perché alle 18 del simbolo (e, contando il doppione di "Sud chiama Nord", si deve pensare che siano stati conteggiati come forze politiche anche Enrico Rizzi e Capitano Ultimo) si deve aggiungere "la lista di Rassemblement Valdôtain". Una lista che però, alla pari dell'eventuale formazione sudtirolese di cui si era parlato, dovrebbe raccogliere le firme, perché non è prevista un'esenzione speciale per le liste legate alle minoranze linguistiche e l'esenzione della lista nazionale collegata non vale anche per le forze connesse. Si vedrà, dunque, cosa accadrà nei prossimi giorni. Con il sospetto che per Max Barbera, grafico e visual brand designer per Cateno De Luca, il lavoro non sia ancora finito.

mercoledì 10 aprile 2024

Basilicata, simboli e curiosità sulla scheda

Il 21 e il 22 aprile - gli stessi giorni in cui la maggior parte dei #drogatidipolitica sarà impegnata a seguire il deposito dei simboli per le elezioni europee di giugno - in Basilicata si voterà per eleggere il presidente della giunta regionale e il consiglio regionale. 
Il presidente uscente, Vito Bardi, espressione del centrodestra e in particolare di Forza Italia, si ripropone con una coalizione più ampia (che include anche Azione e Italia viva); gli contendono il ruolo altro due candidati, uno per l'alleanza tra centrosinistra e MoVimento 5 Stelle (Piero Marrese) e uno proposto solo da Volt (Eustachio Follia). In tutto le candidature saranno sostenute da 13 liste: la scheda, dunque, sarà più vuota rispetto a cinque anni fa, quando gli aspiranti alla guida della regione erano 5, sostenuti in tutto da 16 liste.
I simboli sono gli stessi in entrambe le circoscrizioni: se pure in un primo tempo erano state escluse le liste di Volt a Potenza e di La vera Basilicata a Matera (in entrambi i casi, gli uffici elettorali circoscrizionali avevano ritenuto che non fosse pienamente regolare la delega alla presentazione delle liste), l'Ufficio elettorale regionale le ha riammesse entrambe, dunque non si registra alcuna differenza negli schieramenti nelle due province. Di seguito i contrassegni di lista saranno passati in rassegna secondo l'ordine sorteggiato per la provincia di Potenza.
 

Vito Bardi

1) Unione di centro - Democrazia cristiana - Popolari uniti

Il sorteggio potentino ha collocato in prima posizione il presidente uscente, Vito Bardi, che può contare sulla coalizione più numerosa: 7 liste in tutto. La prima posizione spetta, sempre in ordine di estrazione, alla lista che federa per l'occasione Unione di centro, Democrazia cristiana (da intendersi come la Dcr guidata da Gianfranco Rotondi) e i Popolari Uniti di Sergio Potenza (da non confondere con Tempi nuovi - Popolari uniti, soggetto politico fondato di recente da Giuseppe Fioroni). Il simbolo di base è quello dell'Udc, con lo scudo crociato al centro che prevale nettamente sulle vele di Ccd e De in filigrana sul fondo azzurro; gli altri partiti sono citati soltato con il loro nome nella parte inferiore del cerchio.
 

2) Azione

In seconda posizione si trova il simbolo di Azione, che - come si è detto prima - ha scelto di sostenere il tentativo di riconferma di Bardi, dopo avere partecipato al "campo largo" del centrosinistra in Abruzzo e aver sostenuto, prima ancora, la candidatura di Renato Soru in Sardegna insieme a +Europa. Per l'occasione, il partito schiera sulle schede elettorali il proprio simbolo ufficiale, che contiene il logotipo sfumato blu-verde nella parte superiore del cerchio a fondo bianco, mentre il segmento inferiore (che occupa poco meno di metà del tondo) contiene il riferimento al fondatore e leader del partito, Carlo Calenda. Si noti che il capolista. a Potenza è l'ex presidente della regione Marcello Pittella 
 

3) Lega

Dopo Azione, il sorteggio nel potentino ha collocato il simbolo della Lega, alla sua seconda apparizione alle elezioni regionali lucane: nel 2019, infatti, il partito guidato da Matteo Salvini aveva presentato le sue liste per la prima volta (se si esclude il caso della Lega Sud Lucania del 1990) e fu un esordio "col botto", considerando che Alberto da Giussano ottenne il 19,15%, risultando la lista più votata del centrodestra e la seconda più votata in assoluto (superata solo dal M5S). Il simbolo è praticamente lo stesso di allora, quasi identico a quello usato dalla Lega nelle altre competizioni, solo con il riferimento alla Basilicata sotto al cognome di Salvini, al posto della parola "premier".
 

4) Fratelli d'Italia

Non è affatto scontato che la Lega mantenga il suo primato nella coalizione di centrodestra: ci si attende un risultato molto rilevante anche da Fratelli d'Italia, che nel 2019 aveva ottenuto il 5,91% ma alle ultime politiche ha superato il 18%, doppiando la Lega e quasi doppiando Forza Italia. Se allora Fdi aveva schierato il proprio simbolo ufficiale, ora quella grafica è ridotta all'interno del contrassegno più complesso (inaugurato, come il fregio leghista, alle elezioni politiche del 2018 e ormai utilizzato quasi dappertutto) nel quale spicca il riferimento alla presidente (del partito e del Consiglio) Giorgia Meloni.
 

5) Orgoglio lucano

Nella posizione numero 5 sulle schede di Potenza si trova il primo emblema non espressione diretta di un partito politico: si tratta della lista Orgoglio lucano, il cui nome riprende lo slogan principale della campagna elettorale di Bardi. Il blu e l'azzurro che tingono la denominazione e i due segmenti che individuano al centro la fascia centrale bianca rimandano almeno in parte al colore più evidente dello stemma regionale; il contorno interno del cerchio propone un tricolore. Benché il nome e la foggia del simbolo suggeriscano la natura civica del progetto, occorre ricordare che alla lista partecipano vari candidati espressione di Italia viva.
 

6) Forza Italia

Ci si rende conto facilmente di come l'unico simbolo a contenere un riferimento alla (ri)candidatura di Vito Bardi sia quello di Forza Italia. Questo non deve stupire, visto che nel 2019 era stato Silvio Berlusconi in persona a indicare Bardi come candidato unitario per il centrodestra e questi è sempre stato considerato legato a Fi. Il simbolo del partito è stato solo leggermente modificato, con la riduzione della bandierina tricolore e del cognome di Berlusconi (non anche del riferimento al Ppe) per inserire in basso un segmento azzurro scuro con il cognome di Bardi, decisamente l'elemento che spicca di più all'interno del cerchio. La lista ospita pure Noi moderati, che però non compare nel simbolo.
 

7) La vera Basilicata

Lo stesso azzurro scuro appena citato, come pure lo stesso carattere bastoni usato da Forza Italia (in stile Impact) si ritrovano nel contrassegno dell'ultima lista della coalizione di Bardi, La vera Basilicata. Nata come associazione a dicembre per sostenere la rielezione di Bardi, unisce sensibilità diverse in un "progetto fortemente voluto dal presidente che rimane lontano dai vincoli e dalle dinamiche dei partiti politici", con l'intento di "trasferire le istanze e le esigenze della popolazione in consiglio regionale per trasformarle in azioni e atti concreti". L'azzurro scuro (o blu chiaro) tinge gran parte del cerchio, lasciando spazio solo per un piccolo segmento bianco in basso, delimitato nella parte superiore da una fascetta tricolore curvilinea e dallo spessore crescente. 
 

Piero Marrese

8) MoVimento 5 Stelle

La seconda candidatura sorteggiata a Potenza è quella di Piero Marrese, avvocato, sindaco di Montalbano Jonico e presidente della provincia di Matera, scelto - dopo un percorso piuttosto travagliato - come candidato dal centrosinistra allargato al MoVimento 5 Stelle. E proprio il M5S (che nel 2019 aveva superato il 20%, battendo tutte le altre liste ma ottenendo solo tre consiglieri, a causa del premio di maggioranza vinto dal centrodestra) apre la coalizione nel potentino, schierando il suo simbolo ormai consueto, che al di sotto del nome figurato del MoVimento riporta - in un segmento rosso - il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica. 

9) Basilicata casa comune

Evoca la dimensione di una formazione civica la lista Basilicata casa comune, che indica all'interno del simbolo (oltre che come capolista nel potentino) il nome di Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium che - dopo il ritiro della candidatura di Domenico Lacerenza per il centrosinistra - a metà marzo aveva annunciato l'intenzione di correre autonomamente, salvo poi convergere su Marrese. L'idea della casa è evocata dal tratto verde che richiama la forma di un tetto; al di sotto ci sono quattro fiumi stilizzati (di colori sfumati, dall'azzurro più chiaro a quello più scuro, identico al colore del segmento inferiore) che ricordano moltissimo lo stemma lucano. 
 

10) Basilicata unita

Subito dopo Basilicata casa comune, elettrici ed elettori potentini troveranno un'altra lista espressione soprattutto della società civile (così almeno è stata proposta), Basilicata unita: "la nostra idea di politica e di azione amministrativa - ha spiegato Marrese per illustrare il nome scelto - concerne tutta la regione, nessun territorio escluso". Il simbolo, molto semplice, contiene tre sagome umane a mezzo busto rosso-arancioni su fondo bianco, com'è rosso-arancione il segmento inferiore che riporta il nome della formazione; la parte superiore è completata da un sottile bordo "tricolore" (verde, bianco e rosso-arancio). In lista a Matera c'è anche il coordinatore regionale di +Europa Massimiliano Taratufolo.  
 

11) Alleanza Verdi e Sinistra - Psi - La Basilicata Possibile

Il contrassegno più complesso (e probabilmente più "ammassato") di tutti sembra essere quello di Alleanza Verdi e Sinistra, che però in questo caso si affolla perché la lista ospita anche altre forze politiche. Gli spazi a disposizione di Europa Verde e di Sinistra italiana, infatti, si riducono per lasciare il posto al logo del Partito socialista italiano (con il garofano rimpicciolito, della stessa altezza dell'enorme sigla) e alla versione mignon del marchio di La Basilicata Possibile, lista che nel 2019 aveva sostenuto la candidatura a presidente di Valerio Tramutoli.  
 

12) Partito democratico

Ultima lista della coalizione di centrosinistra che sostiene Marrese è quella del Partito democratico, che quest'anno recupera il suo simbolo ufficiale per la scheda elettorale. Nel 2019, infatti, la lista Comunità democratiche aveva ridotto il logo del Pd a un elemento molto piccolo, ben poco visibile per elettrici ed elettori: ciò probabilmente non fu estraneo a un risultato piuttosto contenuto per la lista (7,75%). Si tratterà di un esperimento importante, anche perché il Pd è stato oggetto di non poche polemiche - soprattutto da parte di Azione - per la gestione delle alleanze e per la scelta della candidatura a presidente.
 

Eustachio Follia

13) Volt Basilicata

Chiude le candidature alla presidenza della giunta regionale lucana quella di Eustachio Follia, giornalista professionista, indicato come aspirante presidente dal soggetto politico paneuropeo Volt, di cui è coordinatore regionale. E l'unica lista che sostiene Follia è proprio Volt Basilicata: per la prima candidatura regionale di propria diretta emanazione (anche se non si tratta della prima partecipazione a queste competizioni), il movimento schiera il logo ufficiale completato con il riferimento alla regione; la posizione del testo all'interno del cerchio, tra l'altro, sembra leggermente decentrata, una curiosità che non passa inosservata.   

martedì 9 aprile 2024

Noi moderati entra, Berlusconi resta: Forza Italia verso le europee

Mancano meno di due settimane al deposito al Ministero dell'interno dei contrassegni per le elezioni europee che si terranno l'8 e il 9 giugno e iniziano a essere svelati i simboli con cui i partiti maggiori si apprestano a finire sulle schede per contendersi il consenso di elettrici ed elettori. Oggi, in particolare, è toccato a Forza Italia, che nel pomeriggio ha svelato - letteralmente - il contrassegno delle liste comuni in preparazione con Noi Moderati, in una conferenza stampa tenuta presso i locali della Camera da Antonio Tajani e Maurizio Lupi
Nei giorni precedenti si erano già registrate varie voci concordanti circa l'intenzione di costruire una lista comune tra i due partiti, in nome del condiviso riferimento al Partito popolare europeo (Fi è il membro italiano più consistente,  Noi moderati non ne è membro al momento ma indubbiamente guarda a quell'area e vi si riconosce) e allo scopo di rafforzare il risultato della "corsa comune" (visto che il partito di Lupi, da solo, ben difficilmente avrebbe potuto raggiungere il 4%). Le anticipazioni giornalistiche, peraltro, avevano messo in chiaro anche come da parte di Noi moderati fosse stata manifestata un'esigenza di visibilità all'interno del simbolo, perché non passasse il messaggio di un mero "diritto di tribuna" simile a un'assimilazione o, peggio, a un'annessione a Forza Italia (vale a dire il partito di Lupi fino al 2009). 
Alla fine, invece che per l'inserimento del simbolo in miniatura, si è optato per il leggero restringimento dell'ultima grafica elettorale di Forza Italia per ricavare, nella parte inferiore, un segmento blu scuro con la denominazione di Noi moderati in bianco e arancione, cioè con gli stessi caratteri e colori adottati nel simbolo ufficiale; sparisce invece la sfumatura dello sfondo, così come l'ondina tricolore che di norma stacca il segmento bianco inferiore nel cerchio. Per quanto parziale, la citazione identifica in pieno il nucleo del simbolo legato a Lupi (anche perché manca un vero pittogramma al suo interno) e l'inserimento non ha richiesto interventi radicali sul fregio forzista: ridotta leggermente la bandierina tricolore inventata nel 1993 da Cesare Priori, è stato conservato praticamente identico il cognome di Silvio Berlusconi (presente nei contrassegni di Fi alle europee del 2014 e del 2019 e mantenuto grazie all'autorizzazione degli eredi, in particolare della figlia Marina), mentre appare decisamente ridotto il rilievo dell'apposizione "presidente", che torna sulle schede per Strasburgo dopo avere caratterizzato il simbolo del Pdl nel 2009. Quanto al riferimento alla politica europea, se nel 2019 era comparsa la scritta "per cambiare l'Europa" (inserita forse per non perdere troppi voti a favore di una Lega salviniana allora fortissima, ma a prezzo della sparizione del riferimento alla famiglia politica europea e di uno schiacciamento della bandierina davvero poco gradevole), questa volta Forza Italia ha semplicemente mantenuto il nome del Ppe scritto per esteso ad arco nel contrassegno, aggiunto prima delle elezioni politiche del 2022 per marcare la propria collocazione distinta da quella di Fdi e Lega all'interno del centrodestra.
L'alleanza presentata oggi punta a superare il 10% (non si sa ancora se con la candidatura diretta di Tajani oppure no) grazie alla proposta di un progetto unitario, che non somigli a una mera somma di simboli ma nemmeno a una fusione tra i due soggetti politici: lo scopo dichiarato è di rafforzare il centro per consolidare l'azione del governo guidato da Giorgia Meloni e fare pesare di più la delegazione italiana del Partito popolare europeo (il partito europeo con più eletti in questa eurolegislatura e, probabilmente, anche nella prossima).
Se non è dubbia la collocazione popolare della lista, così come si parla del probabile collegamento con quella formazione della lista che sarà presentata dalla Südtiroler Volkspartei e dal Partito autonomista trentino tirolese (altre due forze aderenti al Ppe), occorre ricordare che non tutti i partiti italiani aderenti ai popolari europei aderiranno alla lista di Forza Italia e Noi moderati: al di là delle scelte di Alternativa popolare (che formalmente si dice ancora intenzionata a partecipare alle elezioni, anche se non si sa sulla base di quale condizione possa ragionevolmente credere di evitare la raccolta delle firme), infatti, bisogna considerare l'accordo tra Lega e Udc per inserire candidature della seconda nelle liste della prima. E se era già accaduto che nel 2019 lo scudo crociato non finisse sulle schede per l'accordo elettorale tra Fi e Udc, sarà interessante vedere se nel contrassegno della Lega, aderente a Identità e democrazia, apparirà qualche traccia del simbolo dell'Udc. Mettendo in disparte, evidentemente, tutte le parole memorabili contro i democristiani e i loro eredi pronunciate o diffuse del fondatore e demiurgo della Lega Lombarda - Lega Nord, Umberto Bossi, in tanti anni di militanza politica.

sabato 6 aprile 2024

La Libertà di De Luca fa 20, nella speranza del 4 (per cento)

Il totale, alla fine, è arrivato a quota 20. Anzi, a voler essere precisi, a 17+3, o ancora a 1+16+1+2. Non si stanno dando - banalmente - i numeri; si sta solo cercando di usare i numeri per descrivere il contrassegno elettorale finale di Libertà - Sud chiama Nord, la lista promossa da Cateno De Luca in vista delle elezioni europee, che è riuscita da oltre un mese a questa parte - già dall'evento di lancio e dalla prima conferenza stampa - a fare parlare sempre più di sé, anche grazie alla sua grafica elettorale in evoluzione e in progressivo riempimento (settimana dopo settimana e, nell'ultimo periodo, anche a distanza di pochi giorni).
Nell'evento di lancio della campagna elettorale, tenutosi a Roma al teatro Quirino, dopo lunghissima attesa e tanti interventi è stata presentata la versione finale (almeno fino al deposito al Viminale il 21 aprile: lo stesso De Luca, sornione, non ha escluso altri ritocchi...) del fregio elettorale: nella conferma della struttura di base, leggermente inclinata in senso crescente - cosa che non ha mancato di essere vista con fastidio da più parti - con il segmento biconcavo blu centrale recante il concetto chiave "Libertà", l'ultima versione ribadisce la scelta - chiara nel simbolo presentato giovedì all'hotel Nazionale - di "riempire" di più la parte inferiore (molto più ricca e più pesante), ma ridimensiona e ridispone i vari elementi, non invadendo più lo spazio del segmento blu e finendo per creare ulteriore spazio per nuovi elementi. Così, fatta eccezione per la scritta al centro, gli elementi grafici assimilabili ai simboli contenuti nel cerchio sono saliti a 20; quella somma, tuttavia, è fatta di unità dissimili tra loro, che meritano di essere adeguatamente suddivise. 
Di quei 20 emblemi, 17 sono "collettivi", 3 individuali: ai due riferiti al "Capitano Ultimo" (che oggi ha fornito una notizie principali riprese dai media, con l'addio alla mascherina di copertura) e a Enrico Rizzi, si è aggiunto in alto il riferimento a Cateno De Luca, l'unico a essere fatto con nome e cognome. Perché senza dubbio è lui - presentato in un segmento biconvesso giallo con caratteri neri e rossi, ricreando i colori della Sicilia - il tratto che unisce tutti i soggetti che concorrono e concorreranno a questa lista. 
Nella parte superiore restante, sono rimasti i simboli in miniatura di Popolo Veneto (guidato da Vito Comencini), Sicilia Vera (la prima formazione guidata da De Luca e fondata nel 2007), Sud chiama Nord, Grande Nord (Roberto Bernardelli) e i Civici in Movimento (guidati da Sergio Pirozzi). Si tratta però pur sempre dei simboli più visibili all'interno del cerchio, insieme a quello del Movimento per l'Italexit che da tempo è stato spostato in basso, un po' sacrificato in quel segmento ma comunque visibile grazie alla sua estensione. C'è da supporre che la scelta di quelle forze più in evidenza non sia casuale, visto che tutti gli altri fregi, di fatto, sono molto più piccoli e "ammassati" nella parte inferiore del cerchio.
Tra queste, in realtà, c'è di nuovo Sud chiama Nord, nella versione che fino all'altroieri era in evidenza nella parte superiore del simbolo, in cui spiccava la dicitura "De Luca sindaco d'Italia" (molto simile alla grafica schierata alle elezioni politiche del 2022, ottenendo un deputato e una senatrice nel collegio di Messina: si tratta dunque del simbolo che ha consentito di ottenere l'esenzione): ora questo elemento appare ridotto, ma raddoppia, visto che in alto - come si è visto - è comparso il simbolo ufficiale del partito, quello indicato dallo statuto. Se Sud chiama Nord raddoppia e in un certo senso De Luca triplica (perché è citato due volte e perché Sicilia Vera parla comunque di lui: anche la parola Nord ora figura di nuovo tre volte, com'era prima della uscita del Partito popolare del Nord di Roberto Castelli), occorre dare comunque conto di un minisimbolo nuovo che ha fatto la sua comparsa in basso, vale a dire Noi Ambulanti liberi: "Hanno deciso di scendere in campo con noi, insieme ad alcuni balneari che rischiano di vedere espropriato il loro lavoro: soltanto noi porteremo avanti le loro battaglie e diremo un no chiaro alla direttiva Bolkestein". Anche quella "pulce da battaglia" (con riferimento alle sole dimensioni), ovviamente, si unisce alla galassia deluchiana, che a questo punto aspetta solo di potersi misurare nella battaglia per raggiungere il 4%. Nel frattempo, il tasso di affollamento e di occupazione di spazio del cerchio elettorale ha raggiunto livelli inediti: restano altri primati grafici - a scapito della qualità - da infrangere?